Lunedì 21 novembre 2022 la consigliera comunale PD Mery De Martino intervenuta ad inizio seduta in Consiglio comunale sulla necessità di una città a misura di bambine e di bambini in occasione della Giornata internazionale per l’infanzia e l’adolescenza.

Di seguito il testo dell’intervento in aula:

Quando parliamo di bambine e bambini, tanti sono gli aspetti che meritano la nostra attenzione e il nostro impegno. Lei presidente, il Sindaco e gli ospiti che hanno aperto oggi il Consiglio solenne lo avete fatto benissimo, soprattutto mettendo in evidenza il tema delle disuguaglianze in cui una bambina o un bambino nascono senza poterlo decidere. Mi preme, oggi, allargare l’obiettivo all’intero Paese perché, come ci diciamo spesso, Bologna non è un’isola e il recente rapporto di Save the children può guidarci in questo.

Dove sono, allora, queste disuguaglianze?

Sono nel dato della povertà minorile che in Italia è quadruplicata dal 2007/2008, arrivando a colpire un minorenne su 7.

Sono nelle differenze geografiche che, come ricordava il Sindaco, si riflettono nel diverso numero di anni di “speranza di vita in buona salute”. 12 anni passano tra una bimba nata in Calabria e una nata in Trentino.

Sono nella solitudine cui versano i genitori stranieri, sempre più presenti nel nostro Paese. Nonostante sia appurato che per contrastare le disuguaglianze dei bambini sin dalla nascita occorra intervenire in modo integrato dalla gravidanza alle prime fasi di vita, non sono poche le operatrici e gli operatori sanitari che raccontano della paura e dello spaesamento vissuto da moltissime donne di origine straniera, spesso sole, che non capiscono la lingua e tutto ciò che accade intorno a loro.

Sono nell’educazione durante la prima infanzia. Moltissime ricerche dimostrano che questa può avere un effetto marcato sugli esiti della vita da adulti: migliori esiti scolastici, occupazionali, miglior salute e benessere, maggior equità socioeconomica, possibilità di uscita dalle disuguaglianze in cui si è nati. La nuova Raccomandazione del Consiglio dell’UE propone un innalzamento del vecchio Obiettivo di Barcellona del 2002, sulla quota minima di bambini sotto i 3 anni che dovrebbero frequentare un servizio educativo: dal 33% al 50. Ma l’Italia, sommando servizi pubblici e privati, non è ancora riuscita a raggiungere il vecchio obiettivo del 33%.

E sono nei rischi dell’inquinamento atmosferico per la salute che vanno da esiti avversi alla nascita, mortalità e tumori infantili (mai finiremo di ringraziare realtà come ageop che se ne prendono cura), a disturbi dello sviluppo neurologico e patologie respiratorie. Le nuove linee guida dell’OMS hanno abbassato i valori limite suggeriti delle concentrazioni degli inquinanti atmosferici. Alla luce di questo l’81,9% della popolazione italiana vive in zone con inquinamento atmosferico superiore ai valori massimi indicati e in alcune Regioni, tra le quali l’Emilia­Romagna, si arriva anche al 100%.

Insomma, come dicevo, sono tantissimi gli aspetti sui quali serve un incremento considerevole di sforzi a tutti i livelli. Ma due sono i concetti sui quali oggi vorrei brevemente soffermarmi perché, in qualche modo, credo li tengano trasversalmente tutti insieme.

Il concetto di Cura e di Autodeterminazione.

La cura come qualcosa cui non si fa accesso all’arrivo di una malattia, ma come a qualcosa che riguarda la prevenzione, l’informazione, l’assistenza, l’ascolto e il supporto di figlie, figli e genitori. La cura come un’azione costante e condivisa tra amministrazioni pubbliche, famiglie, realtà associative, ma anche relazioni sociali che dobbiamo ricostruire in Città. Un progetto come la rete dei negozi amici delle bambine e dei bambini è un progetto piccolo, se vogliamo, ma strategico in questo contesto. Perché piuttosto che arrovellarci sull’orientamento sessuale dei genitori, sarebbe fondamentale concentrarci su come, nel 2022, le bambine e i bambini possano tornare ad avere più punti di riferimento nella comunità, oltre alle figure genitoriali. E una cura condivisa con la comunità non può che realizzarsi in un contesto in cui tutte e tutti noi riusciamo a riappropriarci del nostro tempo, stretto tra lavoro e spostamenti.

L’altro concetto fondamentale è quello di autodeterminazione. Non credo che le bambine e i bambini abbiano un grande bisogno di guide che indichino una strada, quanto di valide compagne e compagni di viaggio che possano, con amore, assicurargli strumenti per crescere, formarsi, divenire individui unici e irripetibili con il proprio posto nella comunità e a farlo nella pienezza dei loro diritti. E sta a noi adulti guardare alle bambine e ai bambini come individui cui garantire il pieno riconoscimento dei diritti perché il loro rispetto è il vero pilastro di uno stato democratico e del suo futuro. Le bambine e I bambini hanno il diritto ad avere guide sicure e non coercitive, che gli assicurino la piena manifestazione del sé. E questo si ricollega al concetto di cura come rete di relazioni complessa che la Città può e deve offrire, e si ricollega a una visione di città più attenta ai loro bisogni. Parlare di città del gioco come molte realtà cittadine fanno e alle cui proposte dovremmo dare più seguito concreto, di città in cui oltre al cemento è facile imbattersi in un’area verde, anche piccola, o in un elemento di gioco che facilitino l’incontro con l’altro, in cui i mezzi più pesanti vanno a velocità contenuta e i fattori inquinanti sono drasticamente ridotti, non è un vezzo di retorica, ma un’idea precisa di città capace di stimolare l’autonomia e l’autodeterminazione dei futuri adulti, di essere un luogo sicuro e stimolante, di ridurre le disuguaglianze. Sulla realizzazione di una Città a misura di bambine e bambine come Amministrazione siamo già molto impegnati ma dovremo raddoppiare tutti i nostri sforzi, perché quella città sarà la Città in grado di garantire un futuro giusto e dignitoso a tutta nostra comunità, a prescindere dal tipo di famiglia cui si appartiene o cui, nella propria autodeterminazione, si vorrà dare vita.

Correlati