Lunedì 20 novembre 2017 la consigliera comunale Roberta Li Calzi è intevenuta ad inizio seduta in Consiglio comunale sul recente caso di espressione di parole sconcertanti tramite l’utilizzo dei social.

Di seguito è disponibile il testo dell’intervento, tramite link è inoltre consultabile il relativo comunicato stampa.

Il sonno della ragione genera mostri. Viene in mente l’icastico titolo di un dipinto di Francisco Goya, a proposito delle sconcertanti parole di un prete bolognese, pubblicate ancora una volta sui social network. Il prelato ha accostato gli aborti, regolati in Italia dalla legge 194/1978, alle vittime ammazzate dalla mafia.
Parole inaccettabili, scioccanti, che rivelano ignoranza e tradiscono una visione distorta, non solo arcaica, del rapporto tra i sessi. Parole che lasciano trapelare un rigurgito di volontà patriarcale di dominio sulle donne.
E la cosa più triste è che a giudicare nel modo peggiore le donne sia ancora una volta un uomo, proprio nei giorni in cui nella nostra città è nato il centro per uomini maltrattanti. Forse servirebbe anche un centro di formazione per gli uomini che, con le loro parole, ancora troppe volte offendono le donne.
Questa nuova uscita segue di pochi giorni la condanna, goffamente ritrattata, di un altro sacerdote nei confronti di una ragazza vittima di stupro, sulla quale ero intervenuta nella scorsa seduta di Consiglio.
Già quella prima esternazione, che colpevolizzava la vittima, era stata criticata dalla stessa comunità cattolica bolognese, che se ne era dissociata. Era stata inoltre commentata da una teologa, suor Elsa Antoniazzi, in termini di ‘maschilismo dominante‘ all’interno della Chiesa.
Ancora una volta, un ‘pastore di anime’, che dovrebbe essere la guida spirituale di una comunità di persone, scaglia la prima pietra, in barba ai suoi stessi insegnamenti e al suo ruolo qualificato. E la cosa ancor più grave è che tali parole siano uscite dalla bocca di un docente della facoltà teologica del nostro territorio.
San Tommaso, padre della Chiesa, nella Summa Teologica già ragionava sulla necessaria connotazione degli atti umani. Non si dà atto umano, atto morale, che possa qualificarsi come indifferente, per San Tommaso. Un atto è o buono o cattivo – ragionava il filosofo – in ordine al suo oggetto o al suo fine. Un atto è cattivo quando difetta di bontà, quando manca di qualcosa.
Ragionando oggi sull’esternazione di Don Pieri, potremmo interrogarci su cosa manchi nelle sue parole. Senso critico? Discernimento? Razionalità? Senso della storia? Informazioni?
Da persona non credente, vorrei umilmente far notare che, oltre l’aborto, per la dottrina della Chiesa è ‘orrendo delitto’ anche la pedofilia, eppure non è contro questa che si scagliano i due preti bolognesi. Perché? Perché il loro bersaglio morale sono le donne, donne vittime di violenza o donne che hanno contribuito all’emancipazione delle altre donne?
Se il sonno della ragione genera mostri, occorre allora vegliare, vegliare e vigilare, e non far passare impuniti certi comportamenti e certe posizioni.
Siamo forti degli anticorpi sviluppati nei decenni di lotte e conquiste per i diritti civili. E siamo responsabili, non solo rispetto a chi ha conquistato quei diritti anche per noi, ma lo siamo soprattutto per chi verrà dopo di noi.
La responsabilità che abbiamo è quella di lasciare una società più giusta e migliore di quella che abbiamo trovato.
Ai parroci e sacerdoti, tutti casualmente uomini, che incautamente parlano dal pulpito dei social network, vorrei ricordare che ci siamo affrancati dai secoli bui. Vorrei ricordare che esistono delle leggi in questo Paese.
Non è loro permesso bruciare sul rogo mediatico né Emma Bonino né le leggi che la nostra Repubblica ha saputo darsi per regolare il vivere civile delle donne e degli uomini che ne fanno parte.
Un conto è la libertà di espressione, un conto è diffamare, offendere, seminare oltranzismo e odio. Questo è ancora il tempo del diritto e delle leggi, in uno Stato laico. Ognuno risponde dei propri atti e delle proprie parole prima alle leggi della Repubblica e poi, per chi crede, al proprio Dio.