Lunedì 8 gennaio 2018 il consigliere comunale Francesco Errani è intervenuto ad inizio seduta in Consiglio comunale in merito all’iniziativa di finanziamento per una casa a favore di ex detenuti.
Di seguito è disponibile il testo dell’intervento, tramite link il relativo comunicato stampa.
Il vescovo Matteo Zuppi continua a investire nella carità, grazie ai proventi della Faac, con un’attenzione ai bisogni che emergono dalla nostra comunità. Il nuovo progetto prevede la ristrutturazione integrale di un vecchio immobile di via del Tuscolano, zona Corticella, che sarà adibito a struttura con finalità sociali: una volta terminato il recupero, sarà destinato al reinserimento sociale anche degli ex detenuti una volta terminata la pena in carcere.
Il carcere non dovrebbe infatti punire, ma rieducare. La Costituzione della Repubblica Italiana afferma il principio che la pena ha fini di recupero e di reinserimento sociale.
La situazione del sistema carcerario italiano, di fronte al sovraffollamento e al calo di risorse, è drammatico. All’interno della Casa Circondariale di Bologna, la capienza di 489 detenuti è abbondantemente superata dalle 773 presenze (di cui 79 donne e 428 stranieri). Il personale di Polizia Penitenziaria è sempre meno, come anche gli educatori in servizio.
Il carcere non è extraterritoriale, è parte della città di Bologna. Il Comune di Bologna, durante lo scorso mandato, ha riattivato lo Sportello del cittadino dentro il carcere, ripristinato la figura dell’assistente sociale che garantisce il collegamento “tra dentro e fuori”, riattivato il Comitato Locale per l’esecuzione penale. L’esperienza del carcere deve proporsi come un tempo di riprogettazione di vita. Ci sono esperienze che confortano questa prospettiva: l’esperienza musicale del maestro Napolitano; il laboratorio sartoriale e quello per il trattamento di materiali elettronici; l’officina meccanica; la serra per la produzione agricola e il nuovo caseificio, il progetto “non solo mimosa”.
Serve un impegno attivo delle istituzioni per ridurre il sovraffollamento e per assumere personale, e occorre che il carcere possa essere vissuto come dovere, ma anche come diritto di pagare per un’azione ingiusta commessa nei confronti della società, di cui si è però legittimamente ancora parte, e c’è la necessità che anche questa esperienza drammatica lasci intravedere una prospettiva, un futuro possibile.
Dobbiamo valorizzare queste esperienze e moltiplicarle: i servizi, le piccole cooperative per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, il volontariato, l’Università, la Curia. Serve un impegno attivo delle istituzioni e la collaborazione di tutti.