Lunedì 19 settembre 2022 in Consiglio comunale di Bologna la consigliera comunale PD Rita Monticelli ha presentato un intervento di inizio seduta dal titolo “con le donne iraniane per protestare contro l’uccisione di Mahsa Amini” .

Il video integrale della seduta del Consiglio comunale è disponibile online al seguente link  https://www.youtube.com/watch?v=EUFYp0rUz5o

Si indica inoltre il minuto a cui è possibile riascoltare l’intervento della consigliera : 1 h.  58  min. 8 sec.

Di seguito il testo dell’intervento in aula.

Con le donne per protestaare contro l’uccisione di Mahsa Amini

Picchiata e torturata fino alla morte dalla polizia iraniana della moralità perché non aveva rispettato le regole dello Hijab (il velo). Diverse le versioni dei fatti, arrestata, picchiata all’interno del furgone della polizia, oppure portata in una stazione per assistere a una delle cosiddette ore di rieducazione.  Mahsa Amini, una giovane donna di 22 anni di origini curdo-iraniane, è deceduta in ospedale; mentre la polizia parla di arresto cardiaco, testimoni confermano la morte per percosse e torture. Subito una folla si è radunata fuori dall’ospedale, migliaia di persone si sono radunate durante e dopo il funerale gridando contro la dittatura e urlando il motto delle donne curde: donne, vita, libertà. Durante il funerale, molte giovani donne si sono tolte il velo per esprimere il loro dolore e la loro indignazione, hanno pubblicato le immagini sui social, invitando le altre donne a fare lo stesso. Un gesto non solo di grande solidarietà, ma di grandissimo coraggio, consapevoli di poter essere a loro volta punite per quel gesto per Mahsa e per i diritti umani. Il presidente iraniano Ebraihim Raisi ha ordinato di aprire un’inchiesta per chiarire la vicenda. La legge in vigore in Iran dal 1979 (Kohmenii) richiede alle donne iraniane e straniere e di qualunque religione di coprire il capo e indossare vestiti ampi. Mahsa, si teme, non è la prima né sarà l’ultima vittima delle politiche repressive contro le donne, perché questo é solo l’ultimo caso di brutalità contro le donne da parte delle autorità iraniane (pensiamo a Sahra e Elham, condannate a morte per il loro orientamento sessuale e per essere attiviste dei diritti civili), abusi di violenza e condanne che sembrano essersi intensificate negli ultimi mesi, sotto la presidenza dell’ultraconservatore Raisi, anche per far rispettare l’obbligo del velo. La stampa riporta che molti iraniani, anche filogovernativi, e personalità note come il regista premio oscar Asghar Farhadi e l’attrice Golshifteh Farahani, hanno espresso la loro indignazione contro la polizia morale (cioè quella polizia che fa rispettare la morale della legge del paese) e le ronde. Quello che é chiaro é una frattura potente tra la giovane e dinamica società iraniana, e l’oscurantismo di chi detiene il potere.

Il 21 Giugno 2022 una testata internazionale riportava che l’alto consiglio per i diritti umani iraniano Iran’s Council for human rights aveva giustificato la pena di morte in termini di differenza culturale. Guterres, segretario generale delle nazioni unite aveva infatti espresso alta preoccupazione per l’eccesso di violenza usata contro i dissidenti e i protestanti e per l’alto numero di esecuzioni e arresti arbitrari verso attivisti e giornalisti.

Non è accettabile che i diritti umani siano violati in nome di specificità che ledono la libertà di espressione, e che si giocano sul copro e lo spirito delle donne, privandole della loro dignità, autonomia e autodeterminazione e, infine, che si violi il diritto alla vita.

A chi ci dice che questo non è un problema che riguarda Bologna noi rispondiamo chiedetelo a quelle donne che sono scese in piazza l’altro giorno, non tante, ma abbastanza da far sentire la loro voce, la nostra voce e per richiamare altre donne e altri uomini.

A chi dice che non è un problema bolognese, noi rispondiamo: a chi spetta difendere la libertà? A chi spetta difendere i diritti umani, se non a coloro che godono dei diritti umani e civili? Perché stiamo parlando di persone che non hanno questi diritti e che quando li difendono corrono il rischio della propria vita.

Se da Bologna non si alza questa voce per i diritti umani e i diritti delle donne, non possiamo considerarci una città che vuol essere la città del Diritto, della solidarietà, dell’accoglienza, come posizionamenti politici.

E quindi … scendere in piazza significa unirci a quelle donne che hanno protestato per la morte di Mahsa e per le tante violenze nei confronti delle donne che chiedono di essere libere e autonome.

E lo facciamo sapendo che invece loro stanno rischiando la loro stessa vita. Mentre noi siamo protette nella nostra comunità, loro stanno rischiando non  solo la libertà, ma la stessa vita.

Non si tratta, e questo é per me punto cruciale, di essere contro o a favore del velo, di essere contro o a favore di una cultura o di un’altra, di una confessione religiosa o di un’altra, non è quello il punto. Si tratta piuttosto di condannare la violenza di quelle autorità oscurantistiche, e chiedere che sia rispettata la libertà, e la libertà di scelta delle donne, anche quella di poterlo tenere o togliere, a seconda della propria scelta libera.

Non si tratta affatto di non rispettare le diversità culturali, di confessione e di appartenenza, ma anzi, al contrario, di rafforzare il dialogo interculturale, la conoscenza reciproca, verso la stessa meta per i diritti.

Un altro punto importante è: cosa possiamo fare per sostenere i diritti umani e unirci a questa protesta?

come ci ricorda Susan Sontag, prima di fronte alle immagini della Shoah e poi di fronte a quelle di tortura dal carcere iracheno di Abu Ghraib: adesso che sappiamo, che abbiamo visto, la responsabilità é anche nostra. Non possiamo tacere.

Ricordiamoci che i diritti non sono acquisiti una volta per tutte, in nessun paese. Manteniamo dunque alta l’attenzione sui nostri diritti, su quello che diamo per scontato ogni giorno, ma che abbiamo visto anche recentemente in Europa essere messo a rischio.

Nell’esprimere la nostra solidarietà alla comunità iraniana bolognese, invitiamo ad essere molto più numerosi quando scenderemo di nuovo in piazza contro l’oscurantismo, a difesa della vita dei tanti prigionieri politici, dei prigionieri di coscienza, della libertà di stampa (che – ricordiamo – in Iran non c’è), e in particolare ricordando Mahsa e la libertà delle donne.