Lunedì 24 febbraio 2025 la consigliera comunale PD Antonella Di Pietro ha presentato un intervento ad inizio seduta dal titolo “Presidio alla Dozza : contro il trasferimento dei giovani”.

E’ possibile accedere qui al video dell’intervento di presentazione in aula.
Di seguito il testo dell’intervento in aula.
Grazie presidente. È dal 4 febbraio, da quando è uscita la nota dei sindacati, che stiamo monitorando con la massima preoccupazione il trasferimento di 70 giovani detenuti d’ Italia alla casa circondariale Rocco D’Amato. Insieme a tante realtà locali e nazionali ci siamo adoperati per contrastare questa ipotesi. Ci siamo attivati con tutti gli strumenti istituzionali a disposizione e con ripetuti interventi in aula, domande al Question time e uno specifico ordine del giorno a mia prima firma. Sempre sulla vicenda, proprio per la sua gravità, è stata depositata anche una interrogazione parlamentare. Purtroppo le notizie che si susseguono ci dicono chiaramente che il provvedimento è in atto e per questo in collaborazione con tante realtà politiche, sindacali e sociali abbiamo deciso, per chiederne la sospensione, di uscire da questi banchi e di promuovere un presidio che si terrà domani alle 18:00 davanti al carcere. La situazione è drammatica, come lo è constatare che ogni passo in questa direzione continua ad avvenire senza minimamente coinvolgere le autorità locali. Ricordo che la notizia è stata appresa dai garanti e dalle istituzioni da una nota sindacale. Un comunicato che abbiamo colto con enorme sconcerto in quanto le tragiche condizioni di sovraffollamento del carcere adulti a cui i ragazzi sono destinati, lo stato fatiscente della struttura, inadeguata e con risorse e servizi altamente insufficienti, sono inconciliabili con il trasferimento dei 70 giovani, a cui andrebbero garantiti trattamenti di recupero specifici in strutture minorili.
Un’ipotesi nazionale che oltre a non è essere stata discussa, continua a trascurare il contesto locale. Occorre sottolineare che venerdì scorso è stato dato avvio all’iter di trasferimento degli adulti per lasciare il posto ai giovani, senza che alcuna informazione fosse data preventivamente al Comune, senza alcuna attenzione all’interruzione dei trattamenti clinici dei detenuti, senza alcuna convocazione del tavolo tecnico richiesto dai garanti e che il capodipartimento Sangermano si era impegnato a riunire. Vicende che purtroppo denotano un approccio del tutto coerente con una visione repressiva e securitaria del Governo Meloni, che inasprisce pene, aumenta reati e mina principi costituzionali, mentre riempie e peggiora le condizioni delle carceri in Italia. Se mettiamo insieme i pezzi ci accorgiamo che è così. Prima il Decreto Caivano sui giovani, poi il Ddl sicurezza in discussione al Senato e in ultimo a Bologna il trasferimento temporaneo di giovani detenuti alla Dozza per consentire allo stato il completamento di nuove strutture detentive. Una sperimentazione che vuole colpire la nostra città e tradursi in modello ordinario? Purtroppo è difficile pensare che questa scellerata scelta dei Dipartimenti della giustizia responsabili sulla detenzione di adulti e minori, non possa essere un attacco politico del Governo alla città di Bologna, dato che nessuno ha mai comunicato e motivato, alle istituzioni locali e casa circondariale , la scelta di questo nuovo corso di gestione delle persone detenute . Dispiace inoltre constatare che ogni strategia o episodio calpesti diritti umani e persone. Pensiamo al caso del carcere di Reggio Emilia relativo al giovane tunisino che nel 2023 è stato incappucciato, denudato e pestato. Per quella vicenda specifica, malgrado i video fossero molto chiari, è stato di recente derubricato il reato di tortura, in quanto la Giudice lo ha definita una misura di rigore non consentita.
Pensiamo, mentre teniamo a mente questa vicenda ai suicidi in carcere, che dall’inizio del 2024 sono ammontati a 104. In quelle sedi degradate, disumane e dimenticate, si consumano frustrazione, odio , violenza, rabbia e malessere diffuso che si esprimono nei detenuti e negli operatori e la vicenda di pestaggio a Reggio Emilia ne è l’esempio. Quei sentimenti e quegli atteggiamenti sono lo specchio di un sistema malato da sanare e di una subcultura che si basa su una visione punitiva e repressiva strisciante che questo governo intende liberare e legalizzare. Prestiamo attenzione e ognuno faccia la sua parte.
