Durante la seduta di lunedì 8 febbraio 2021 la Consigliera comunale PD Simona Lembi è intervenuta in Consiglio comunale in ricordo di Angela Romanin scomparsa pochi giorni fa.
Online è consultabile il relativo comunicato stampa. Di seguito il testo dell’intervento.
Ricordo di Angela Romanin, 8 febbraio 2021
Angela Romanin era nata a Rovigo il 10 settembre del 1957.
Arrivata per l’Università (laurea in Storia) non ha più lasciato Bologna.
Aveva 20 anni nel ’77, partecipò a quel movimento da cui certamente mantenne uno sguardo politico e militante sulle cose del mondo. Una vita, la sua, spesa ad approfondire, indagare, portare alla luce la questione della Violenza contro donne e minori.
Nel 1992 Incontra la Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, inaugurata nel 1990, dall’omonima associazione fondata nel 1989, espressione di una pratica femminista animata a porre al centro del dibattito pubblico LA questione della violenza e a pretendere che le istituzioni se ne occupassero. Vi entra a farne parte nel 1993, gli anni in cui le donne cadevano sempre per le scale, inciampavano, si facevano male, senza riuscire (ancora) a dire che le prendevano di santa ragione per un piatto fuori posto, per una pietanza non riscaldata a sufficienza, sempre per un nonnulla. Ci sono voluti anni (e l’impegno di persone come Angela) per nominare l’indicibile e cioè che si trattava di Violenza e che quella violenza fosse l’effetto della disparità di potere economico sociale politico che da sempre segna segna le relazioni tra i generi e che quindi era il piano politico e pubblico, non privato ed intimo su cui porre la questione.
Della “Casa” è stata vice presidente, responsabile dei progetti di formazione, per diversi anni del Festival della violenza illustrata, solo per indicare alcuni tra i ruoli che ha ricoperto.
Più recentemente era stata eletta coordinatrice dei centri antiviolenza dell’Emilia Romagna e su di lei poggiava il difficile compito di dialogare con le istituzioni, di incalzarle nell’evoluzione dei progetti e dei Centri, di richiamarle agli impegni presi, di mettere in evidenza la fatica di ricontrattare ogni anno fondi, pratiche, esperienze, in un lavoro difficile e faticoso che ricorda quello di Penelope e quindi tanto prezioso, quanto mai pienamente riconosciuto.
Angela è stata una donna di dialogo.
Ha seguito fin dalla sua istituzione il Tavolo cittadino contro la violenza, un’esperienza pionieristica in Italia che ancora oggi vede a confronto le istituzioni, le forze dell’ordine, i servizi sociali, le associazioni, la più ampia rete di chi si occupa di azioni di contrasto alla violenza di genere, diffusa poi in molte altre città italiane.
E’ stata tra coloro che più si è spesa nel confronto con le Forze dell’Ordine (e in questo ampiamente riconosciuta), in particolare sul piano della formazione, e anche per introdurre modalità sempre più sofisticate e raffinate (per questo quindi più precise), capaci fin dalle denunce o dai colloqui, di individuare le vittime alto rischio e la pericolosità dei carnefici. Angela aveva lavorato ad ogni possibile e minuziosa miglioria di quei moduli, affinché riuscissero a parlare, a dire ciò che neppure le vittime spesso riescono a vedere: la pericolosità reale e urgente della loro condizione. Più complessivamente Angela si è spesa a favore di un vero e proprio cambio di passo con le forze dell’ordine, dalla diffidenza alla fiducia rompendo quello che è stato un lungo silenzio. Non dimentico la sua collaborazione a favore della nascita del centro Senza Violenza, con il progetto radice, lo sportello rivolto agli uomini maltrattanti.
Nella suo ruolo di responsabile della formazione delle volontarie e di chi ha svolto servizio civile presso la Casa delle Donne, Angela ha inoltre formato centinaia di giovani donne da cui sono uscite molte esperienze, l’ultima delle quali, il Gruppo Malala che ha inaugurato due anni fa uno sportello di ascolto ad Anzola dell’Emilia. In questo prezioso lavoro di trasmissione sapere, competenza, esperienza a nuove generazioni, (una questione recentissima per le donne, tanto più quando si parla di violenza di genere), Angela non si è mai limitata a consegnare una esperienza (la sua, consolidata e solida), quanto piuttosto di discuterla, di aggiornarla, sempre disponibile al confronto e, come dicevo prima, al dialogo, convinta come era di quanto sia viva attuale e in continua trasformazione la questione della violenza contro donne e minori.
Angela è stata, inoltre, una donna la cui qualità del lavoro potevi dedurre dalla cura che riservava alle relazioni. Forse anche per questo i suoi racconti famigliari erano affettuosi, amorevoli, pieni di meraviglia. L’arrivo del nipotino Vito, una gioia profonda. Ma nel più vasto mondo in cui si misura la competenza (e il merito! direbbe qualcuno), in base alle pubblicazioni, figure come quella di Angela non esistono. Angela non lascia scritti. Qualche articolo forse, qualche contributo a volumi curati da altri. Era una forte lettrice, sia chiaro, di quelle che non si vede di quale materiale o colore è fatta la scrivania per la mole di documenti che la ricoprono. A lei venivano mandate bozze di libri scritti da altri prima di andare in stampa, per un parere, una lettura puntuale sulle questioni della violenza. Angela non ha mai perso il gusto dello studio. Il suo ultimo arrivo, appena aperto, sulla scrivania, Le Invisibili.
Ecco, figure come la sua rischiano di rimanere appunto invisibili, nonostante quando preziosi e indispensabili siano i gesti che quotidianamente compiono.
Scelgo di ricordarla in Consiglio comunale proprio per questo: per l’enorme tributo che le istituzioni pubbliche devono a figure come la sua, capaci di segnare in meglio l’agire delle pubbliche amministrazioni, costruendo pratiche (i servizi) che prima non c’erano, impegnandosi ogni giorno nell’alimentare di fiducia, critica costruttiva e di scambio quel difficilissimo rapporto dentro e fuori le istituzioni che anima la democrazia e prima ancora la possibilità di abitare comunità che parlano la lingua della solidarietà e dell’uguaglianza.
Il lavoro di Angela Romanin e il suo agire raccontano dell’enorme riconoscimento che dobbiamo al sapere delle donne, quasi mai scritto, fatto prevalentemente di cura nelle relazioni, che è sostanza tanto quanto lo sono i muri delle case, i bilanci degli enti locali.
Ricordarla (qui per un soffio in consiglio comunale, io auspico in modo anche più solido e duraturo nei prossimi mesi) è una forma di ringraziamento che la politica ha nei confronti di chi, da sempre, si si è occupato delle questioni centrali nel pensare alle comunità che abitiamo e a come si possa, affrontando la questione della violenza, vivere meglio tutti/e.
Domani si terranno le esequie al Pantheon, alla Certosa alle ore 12. Parteciperò, insieme con l’Assessora Zaccaria.
A casa delle donne per non subire violenza di Bologna e alla sua presidente, rivolgo il mio cordoglio e parole di vicinanza per questa enorme perdita.
Al marito Francesco e ai figli Carlo e Diego, insieme con la manifestazione del cordoglio, la partecipazione più piena a questo profondo dolore.
